Ridotto il numero dei Centri di Servizio per il Volontariato nel territorio

Riflessioni dopo la Conferenza Nazionale di CSVnet a Matera
del Presidente Marco Gianesini

L’Assemblea di CSVnet tenutasi dall’11 al 14 ottobre a Matera sarà certamente ricordata per due importanti avvenimenti: la delibera dell’ONC del 10 ottobre che definisce il numero dei CSV in Italia (dai 65 attuali a 49) e la sentenza n. 185/2018 della Corte Costituzionale pubblicata il 12 ottobre che ritiene infondate le censure sollevate dalle Regioni Lombardia e Veneto avverso la nuova disciplina dei Centri di servizio per il volontariato di cui agli articoli 61 e seguenti del Codice del Terzo settore.
Ho voluto far trascorrere alcuni giorni per far sedimentare le impressioni raccolte e verificare se qualcos’altro aveva caratterizzato quest’Assemblea.
Nel frattempo è arrivato da CSVnet un questionario sulla “rilevazione delle valutazioni sui momenti trascorsi insieme”. Anonimo, come si conviene a chi vuole veramente conoscere le opinioni della base, penserete voi…E invece no, la prima cosa da inserire è il nome e il cognome. Sicuramente risulterà un’ottima assemblea…
Per quanto mi riguarda invece le impressioni sono e restano negative.
Probabilmente il Presidente Tabò s’è fatto ingannare dal cartellino che tutti avevamo appeso al collo con la scritta “partecipanti”. Ma un conto è essere presenti, un altro è partecipare (ossia prendere parte).
Solo un intervento è seguito alla stanca e vuota di contenuti relazione finale del Presidente. Non un cenno ai temi di attualità o anche al fine ultimo del volontariato che alla fin fine è il motore del nostro essere. Solo questioni tecniche di basso profilo, tanto che è difficile tentare un riassunto.
A Matera l’unica voce dissonante non è venuta (purtroppo) dal volontariato ma dal Professore Emerito dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Giovanni Battista Sgritta. Senza tanti giri di parole il professore ha affermato che, con la legge di riforma del Terzo Settore, il volontariato si ritrova a essere vaso di vetro tra vasi di ferro (gli altri enti del terzo settore).
Questa condizione di debolezza del volontariato è stata avallata da CSVnet, nato originariamente per creare un network tra uffici (i Centri di Servizio) e finito per (pretendere di) rappresentare il volontariato italiano espresso dai e nei CSV. Rappresentanza (anche per colpa nostra che glielo abbiamo consentito) così scadente che ha finito per portarci sotto l’ala “protettrice” del Forum del Terzo Settore (a Matera in sintesi è stato ribadito “al Forum la rappresentanza e ai CSV i servizi”).
A dire il vero ci sono stati 7 CSV che, in fase di stesura della legge, hanno tentato di alzare la testa, formulando istanze direttamente al parlamento, ma la ribellione è stata rintuzzata e così i risultati raggiunti da CSVnet sono sotto gli occhi di tutti. Alle nostre Assemblee ora prendono la parola – non per portare un saluto ma per comunicarci (bontà loro) il futuro del sistema dei CSV – personaggi che con il volontariato non hanno nulla a che fare.
Qualcuno potrebbe sostenere che CSVnet, condividendo la riforma voluta con determinazione dal legislatore, ha “salvato il salvabile”.
La prima obiezione è che CSVnet, non ha salvato nessuno se non se stesso ritagliandosi un ruolo centrale nella riforma. Con le risorse ad esso destinate (€ 900.000) e l’1% di quelle erogate dai CSV a suo favore, CSVnet può ora raggiungere un secondo obbiettivo: sostituirsi progressivamente ai CSV centralizzandone moltissime funzioni.
La teoria del “salviamo il salvabile” non convince anche per un altro motivo. Se una cosa ti viene imposta, ti resta sempre la libertà di contestarla, ma se hai contribuito a costruirla, hai perso anche questa libertà.
È il metodo che CSVnet ha adottato anche con i CSV: “accorpatevi da soli se non volete fare la fine del Veneto!”. E così i CSV che si sono auto soppressi non avranno nemmeno la possibilità di sollevare obiezioni. Un vero capolavoro.
Che fare?
Forse dobbiamo cambiare punto di vista: lasciamo a CSVnet la rappresentanza dei CSV ossia di uffici privi di quel peso politico di cui dobbiamo al più presto riappropriarci come volontariato.
In fin dei conti le Associazioni di Volontariato che si sono associate per gestirli sono cosa diversa dai Centri di Servizio, hanno una loro autonomia e nessuno può decidere per loro.
L’invito che mi sento di fare al territorio che rappresento è quello di sollecitare l’Assessore Regionale ai Servizi Sociali Manuela Lanzarin e la Regione Veneto ad intervenire sul piano politico a supporto delle tante associazioni di volontariato presenti sul territorio e per salvaguardare il ruolo che con fatica il Volontariato ha maturato negli anni, divenendo un interlocutore attento ed insostituibile per le politiche della comunità.
Dall’altro lato le Associazioni dovranno compiere uno sforzo per unire le proprie forze, perché divisi non si va da nessuna parte.
Solo se riusciremo ad unire le varie anime del volontariato potremo ancora esercitare il nostro ruolo nella società e nel territorio.